martedì 21 settembre 2010

15 agosto 2010 - Vivaa Las Vegaaas! [Flagstaff->Gran Canyon->Las Vegas]

17th day


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Prima tappa della giornata il Gran Canyon. Non è per nulla come me l'aspettavo. Credevo fosse una gola abbastanza stretta in cui in fondo scorreva il Colorado River. Invece ci si apre davanti una valle larghissima dove, laggiù in fondo, si intravedono dei piccolissimi scorci del fiume. Con i suoi 446 km di lunghezza, anche 27 km di larghezza e sino a 1.6 km di profondità occupa gran parte della regione denominata Colorado Plateau [grazie wikipedia].

C'è un bellissimo sentiero che dovrebbe portare dal ciglio del Canyon fino giù al fiume. Ma da più parti c'è scritto che se lo si prova a fare in giornata.. si muore! Evitiamo e ci accontentiamo del percorso panoramico lungo i bordo. Tranne che per alcuni punti troppo pieni di turisti e di negozi di chincaglieria [c'è un autobus che fa diverse fermate nelle migliori zone panoramiche, ah gli americani], l'ambientazione è veramente incredibile! Non era proprio quello che mi aspettavo, ma affascinante a suo modo. La cosa che colpisce di più sono le pareti quasi verticali che si gettano giù per centinaia di metri, cambiando colore ad ogni piccolo gradino.

Finito la parentesi bucolica, Las Vegas! Stavolta la musica che ci accompagna all'ingresso di questa cattedrale di luci in mezzo al deserto non può che essere lui, The King. Il buon Ema è abbastanza in coma per la febbre e la tachipirina, ma un giro per la città non ce lo leva nessuno. Prendiamo una stanza in un motel vicino al centro. Leggenda vuole che durante la settimana a Las Vegas si riesca a dormire nelle suite degli alberghi più lussuosi pagando pochissimo.. ma non domenica 15 agosto. Maledizione.


Iniziamo il tour della città, primo impatto: pacchiana e meravigliosa. Vediamo New York, poco lontano Parigi, Roma e un po' più spostato Venezia. Meraviglioso! Ad ogni passo per la strada ti vengono consegnati diversi biglietti da visita. Sono tutte donne a pagamento, foto, prestazioni, numero di telefono, molto professionali! A fine serata ognuno di noi ne ha un discreto pacchetto. Sembra la raccolta delle figurine: celo celo manca. Verranno "dimenticate" all'interno della Bibbia dell'albergo.. Las Vegas è affascinante, le luci, la gente, tutto ti richiama a giocare ai casinò. Per la febbre però non riesco a giocare a poker, neanche un giro. Ma almeno una partita alle slot machine lo abbiamo fatto. Perso, naturalmente. L'unica cosa triste è che essendo domenica tutti i ristoranti chiudono prestissimo, non riusciamo quasi a trovare da mangiare dopo le 23.00, mah.

Las Vegas voto: 8

Nota sul modo di telefonare dell'americano medio: già da tempo avevamo notato che gli americani hanno una tecnica tutta loro di telefonare. Una tecnica presuppone l'altoparlante vicino all'orecchio, ma il microfono che gira per l'aria e telefono tenuto in mano con un gomito ad altezze incredibili, più è in alto più si è fichi! Ma questo è nulla! Il secondo modo presuppone l'uso del vivavoce, con il telefono che così ha ancora più libertà di girare attorno alla persona, ovunque tranne che tra orecchio e bocca. Ma questa tecnica solo i più esperti e cool riescono ad utilizzarla.

domenica 5 settembre 2010

14 agosto 2010 - Monument Valley & Monument Burrito [Mexican Hat->Four Corner->Monument Valley->Flagstaff]

16th day


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Dopo la nottata riposante ci dirigiamo verso Four Corners. Il punto di incontro tra 4 stati dai confini leggermente tracciati con il righello: Colorado, New Mexico [1], Arizona e Utah. Il posto di per se sarebbe simpatico, un po' un giochino, se non fosse circondato da bancarelle di indiani che vendono bigiotteria indiana. Sembra un po' che gli abbiano lasciato la gestione del luogo come contentino..


Monument Valley! È il luogo dove nell'immaginazione può essere ambientato qualsiasi film western. Con le montagne rosse che spuntano dal nulla e il deserto attorno. Sembra proprio di averla già vista, ma rimane comunque splendida.

Ci spostiamo in Arizona ed entriamo nel Pacific Time, altra ora guadagnata! Attraversiamo ancora una zona desertica, il Painted Desert e d'improvviso, gli alberi! Fine del deserto.. [2]

Andiamo a pernottare a Flagstaff. Ridente cittadina universitaria, famosa per i lunghi treni merci [anche 3 km e con diverse motrici] che la attraversano ogni giorno, svariate volte al giorno. Paesino tranquillo si può dire. In ogni caso, a parte questo piccolo inconveniente, e' proprio bello girare per la città è molto colorata, piena di negozi e di gente per la strada. Non è male.


Ci fermiamo a mangiare in un ristorante-pub messicano. Nel menu balza subito agli occhi El Gordito Burrito, come non ordinare una pietanza che se riesci a finire in 45 minuti ti viene regalata una maglietta?! El Gordito Burrito ci viene portato da due camerieri in giubbotto arancione con catarifrangenti, elmetto da antinfortunistica e urlanti slogan inneggianti il fatto che avevamo appena accettato la sfida de El Gordito Burrito. Parte il cronometro e iniziamo a mangiare questo enorme tubo di pane con dentro carne, riso, fagioli, coriandolo e quant'altro.

L'impresa è ardua. Al limite dell'impossibile. Ma, barando leggermente [un pochino di carne viene nascosta sotto l'insalata e un pezzettino viene mangiato dai compagni di viaggio], viene portata a termine, MAGLIETTA! sotto lo sguardo incredulo di un tamarro locale. Anche Andrea [l'altro ad aver accettato la sfida de El Gordito Burrito] arriva quasi al termine dell'annosa sfida. Niente maglietta ma applausi per lui!

Per riuscire a digerire decidiamo di tornare in motel a piedi, quasi 4 miglia. È servito, ma non completamente. Un "impercettibile" senso di pesantezza è rimasto. Ma ne valeva la pena!

[1] Potremo dire di essere stati anche in New Messico! Altro stato checkato.. ma non so se e' proprio motivo di vanto.

[2] Ok, l'improvviso potrebbe essere dovuto al fatto che mi ero abbioccato un attimo. Ma i compagni di viaggio hanno confermato che il cambiamento e' stato abbastanza repentino.

mercoledì 1 settembre 2010

13 Agosto 2010 - Parchi & notti all'aperto [Torrey->Arches National Park->Natural Bridges Park->Muley Point overlook->Valley of Gods->Mexican Hat]

15th day


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Come ormai d'uso, sveglia notturna che la giornata e' fitta di impegni. Partiamo verso Arches National Park, il primo parco della giornata. Si tratta di un insieme di archi naturali che scavati nella roccia rossa in continua formazione. Alcuni sono talmente sottili che sembrano essere sul punto di cadere da un momento all'altro [la guida ci conferma questa impressione, pochi anni fa, da uno degli archi piu' sottili, e' caduto un enorme pezzo di pietra rossa].


Il programma della giornata ci impone pero' tappe forzate, quindi via.. altro parco: Natural Bridges. Archi e Ponti sono molto simili, diciamo quasi la stessa cosa. Citando wikipedia: The choice between bridge and arch is somewhat arbitrary. The Natural Arch and Bridge Society identifies a bridge as a subtype of arch that is primarily water-formed. By contrast, the Dictionary of Geological Terms defines a natural bridge as a "natural arch that spans a valley of erosion".

Il Natural Bridges e' un parco molto meno battuto dai turisti del precedente. Siamo praticamente da soli a goderci lo spettacolo dei tre ponti nauturali. A guardarli si capisce come mai i nativi li considerassero luoghi sacri. Pero' non c'e' troppo tempo da perdere, ci attende la deviazione panormica della Muley Point Overlook. Dopo un breve tratto di sterrato ci troviamo sul ciglio di un altopiano. Da li' lo sguardo puo' spaziare su un panorama incredibile.
Si vede tutto. Strane formazioni rocciose rosse, una serie di piccole valli, sullo sfondo lo Monument Valley.. tutto! Veramente incredibile come posto. Passiamo una buona ora seduti sul ciglio del dirupo a guardare giu', rapiti dalla magia della natura e da una mucca morta che trovia per lungo la strada.

Ultima ma non ultima tappa della giornata la deviazione panoramica della Valley of Gods. Trattasi di percorso sterrato di 27 km che costeggia tutte le montagne della zona. Quale miglior ora per fare questo tour se non il tramonto, quando i rossi si accendono ancor di piu'? Certo, la nostra auto si trova piu' a suo agio nelle lunghe e dritte autostrade americane, che negli sterrati pesanti e tortuosi. Ma dimostrando uno spiccato senso di adattamento e delle doti da fuoristrada nascoste riusciamo a districarci. E gli occhi ringraziano, anche qui', tutto e' meraviglioso.


Dopo questa intensa giornata naturalistica ci accingiamo a cercare un posto dove riposare i nostri stanchi corpi. La scelta puo' cadere su due citta' [oddio citta'..]: Bluff, si' il nome e' proprio quello, o Mexican Hat, si' il nome e' proprio quello. Ma entrambe si rivelano inospitali. Tutti i motel sono pieni. Nessun letto per noi, ci aspetta una lunga nottata in macchina. Prima di andare a dormire pero' Andre, Cami e il buon Ema, seguendo il profumo di carne alla griglia che si aggirava per il paese, decidono di dedicarsi alle bistecche.
Nell'unico ristorante della zona c'e' un vecchio cow-boy che sta grigliando il mondo. Utilizza una specie di amaca di metallo che fa dondolare su cui cuoce la carne che fa dondolare su delle braci accese. Deve fare questo movimento ormai da millenni visto che anche quando cammina continua a dondolare avanti e indietro come se spingesse la griglia. In ogni caso il trucco funziona perche' e' stata una delle migliori bistecche che abbia mai mangiato.

Pronti per la notte. Estraiamo in che posizione dobbiamo dormire in macchina e, naturalmente, salta fuori che i tre piu' grossi staranno vicini vicini a condividersi i sedili dietro. Dopo essere stati un po' all'aperto a far passare il tempo, decidiamo che e' ora di dormire. Dopo poco l'aria e' calda e irrespirabile [sembrava di essere nel gioco delle pallette di Mac Donald:odore di plastica sudata] e in piu' fa caldissimo e si sta veramente scomodi. All'inizio la prendiamo sul ridere.. ma poi si deve pur dormire un po'. Decido dunque di mettermi a dormire su uno dei tavoli che c'erano vicino alla macchina. Fa freddo, daltronde siamo nel deserto e sono in pantaloncini, ma riesco a dormire un oretta quando vengo svegliato da un rumore di passi pesantissimi, BONF BONF BONF BONF... apro gli occhi e vedo un enorme massa di ciccia, ma di quella tesa, muscolosi e grasso insieme, con baffoni e bandana di pelle che sta camminando di fianco al tavolo.. Figa ora mi mangia! invece non si e' neanche accorto di me ed e' passato senza dire nulla.. Provo a riaddormentarmi ma vedo un indiano (di quelli proprio tipici, capelli neri lunghi, coda, scuro di carnagione..) che cammina avanti e indietro, avanti e indietro, avanti e indietro.. io lo guardo, lui si ferma, mi guarda.. e ritorna a camminare avanti e indietro, avanti e indietro.. Decido che e' ora di tornare in macchina. Alla fine un po' si riesca a dormire senza gente strana che ti cammina accanto.

La mattina colazione all'autogrill.. e chi c'e'?! L'indiano! [che poi era una femmina vista da vicino..] che stava pulendo i cessi. Mi vede e ad alta voce esclama, SHIT! e se ne va..

Beh alla fine mi son preso un fottuto raffreddore.. nel deserto!

lunedì 30 agosto 2010

12 Agosto 2010 - Il ritorno alla natura [Dillon->Bryce Canyon->Escalante->Torrey]

14th day


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Inizia il giro dei parchi. Abbandoniamo definitivamente la civilta' per immergerci solo nella natura, ovvero entriamo nello Utah. Se il Kansas era disabitato, lo Utah lo e' ancora di piu', ci sono solo rocce, senza neanche delle coltivazioni. Sveglia prima del sorgere del sole per andare al Bryce Canyon. Il posto e' splendido! Vento, acqua, ghiaccio e quant'altro hanno creato dei fitti pinnacoli rossi che riempiono una valle. Senza acccorgercene camminiamo per ora lungo i bordi del canyon. Lungo la strada incontriamo scoiattoli e cerbiatti. Il suono della vuvuzela non poteva mancare per rompere questo idilio. Abbandoniamo questo strano posto per percorrere la strada panormaica 12 che passa attraverso stretti passaggi e peaseggi mozzafiato.


La fame ci coglie. Va bene nutrire lo spirito, ma anche lo stomaco vuole la sua parte. Per cenare ci dirigiamo nel piu' grande centro abitato della zona: Escalante [750 abitanti]. Ci fermiamo in un ristorante/bar/quant'altro che, a detta delle insegne, e' famoso per il miglior Margarita della citta'..

Siamo tutti affamati, iniziamo con un doppio antipasto di nachos e abbdondante carne, il tutto condito con margartia [che poi alla fine era senza infamia e senza lode, ma di certo il migliore della zona]. I piatti di nachos sono luculliani! Esagerati e buonissimi.. Siamo nel posto giusto per placare il nostro appetito e forse anche un po' di piu' visto le quantita'. Io e Sebastian ci siamo avventurati in un misto di carne Utah Style, ERRORE! Si ricopre il tutto con una salsina dolcissima. Carne e zucchero, pessimo. In ogni modo mangiamo tutto lo stesso. Rifocillati ripartiamo alla volta di Torrey, che ci accogliera' per la notte.

mercoledì 25 agosto 2010

11 agosto 2010 - Denver cucciolotto verde senza età! [Denver->Dillon]

13th day


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Andiamo al supermercato per cercare qualcosa per fare colazione e la nostra attenzione e' attratta da una cofezione di Milk con al solito l'aggiunta di varie proteine e vitamine. Ma ad una piu' attenta analisi appare la scritta: Contains no milk. Questi americani sono geniali.




Denver e' una normale citta' americana, con i grattacieli e tutto il resto, solo che in montagna. L'aria e' limpidissima e pulita, il cielo e' azzurro, ci sono un sacco di fiori, l'atmosfera e' quella tipica rilassata di piccolo paesino di montagna.. ma e' una citta'! La cosa meravigliosa di Denver, oltre lo scorgere le montagne rocciose alla fine dei lunghi viali cittadini, sono i piani. Lungo la via principale ci sono decine di piani lasciati li', chiunque li puo' suonare. E diverse persone lo fanno.

Dopo un primo giro del centro decidiamo che e' giunta l'ora di rifocillarci. Andiamo in quello che ci e' stato indicato come il piu' vecchio ristorante della citta' a mangiare le Rocky Mountain Oyster letteralmente le ostriche delle montagne rocciose nella realtà: testicoli di toro. Il ristorante e' un inno alla caccia. In ogni angolo ci sono teste di animali imbalsamati [persino un bisonte] e foto dei piu' famosi cow-boy della zona.
Per non farci mancare nulla al pranzo aggiungiamo code di alligatore, perche' non provare? Alla fine tutto commestibile, anzi si puo' dire buono, non leggerissimo essendo tutto fritto, ma buono! E come non smaltire l'unto appena acquisito se non con una gita all'anfiteatro naturale di roccia rossa alle porte di Denver?! La lunga scalinata per raggiungerlo ci sfianca: i 1600 metri di altezza, il pranzo, il sole a picco e, soprattutto, un mese di sana dieta americana hanno lasciato i loro segni. In ogni caso il panorama e l'anfiteatro meritano! [1]



Visto l'anfiteatro puntiamo dritti ad un locale famoso per il suo happy hour, ci aspettiamo tavolate e tavolate di cibo mah... arriviamo tardi, alla fine sono gia' le sette e l'americano medio a gia' abbondantemente cenato. Il locale e' vuoto, di cibo e di gente. Andiamo alla ricerca di altro cibo. Una cameriera di fronte ad un ristorante greco-tedesco-equant'altro ci convince ad entrare parlandoci in un inaspettato italiano. Ha studiato la lingua che fu di Dante e ora parla molto meglio di me..


Nutriti, passiamo a prendere Camilla in aeroporto, che nel frattempo e' arrivata e ci fara' compagnia per un tratto di viaggio. E poi via, ancor piu' verso ovest.. ci immergiamo nelle montagne rocciose. Nella notte. Tutto perfetto finche' una pioggia torrenziale ci coglie. Non si vede quasi piu' nulla, ma in qualche modo riusciamo a raggiungere il motel!

Il problema ora e' che le stanze sono per 4, al MASSIMO!, e noi siamo in 5. Aguzziamo dunque il nostro ingegno italiano e adottiamo una tecnica che si rivelera' vincente. Dichiariamo 4 adulti e il quinto entra di nascosto e dormira' per terra. Le nostre sveglie all'alba e gli arrivi a notte fonda ci mettono al riparo da qualsiasi controllo!

NOTA SUI RUBINETTI AMERICANI
Perche' complicarsi la vita? Perche' non usare due rubinetti, uno per l'acqua calda e uno per la fredda? Perche' usare un solo rubinetto per entrambi cosi' che aprendolo al massimo esce solo tanta acqua calda e al minimo poca fredda? Perche' inventarsi delle specie di joystick in cui cambi impercettibili della posizione cambiano completamente temperatura e quantita' dell'ancqua? Perche' per aprire l'acqua a volte bisogna spingere, a volte tirare, a volte piegare? Perche'?

[1] All'anfiteatro, oltre che diversi concerti, fanno anche un cineforum, Cinema on the rocks e il 21 luglio 2010 e' stato proiettato: Talladega Nights: the ballad of Ricky Bobby. In barba ai filistei.

domenica 22 agosto 2010

10 agosto 2010 - L'allungo [Lawrence->Denver]

12th day


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Tappa per fondisti, 550 miglia per arrivare a Denver in giornata. La notte prima, intanto che aspettavo la lavatrice avevo chiaccherato un po' con il tizio alla reception, che oltre ad essere molto simpatico, alla domanda su cosa ci fosse da vedere in Kansas mi aveva risposto:
"Nothing, only flat land!"
"ma proprio niente?"
"You are in the middel of nowhere!"
Mai definizione fu piu' corretta. Il navigatore ci tiene a sottolineare: "dritto per le prossime 523 miglia".


Il Kansas ha una popolazione di quasi 3 milioni di abitanti (circa come Roma!) ed e' solo campagna. Per miglia e miglia non vediamo altro che campi di girasole, soia, grano.. solo ed esclusivamente campi. In un tratto anche la radio ci abbandona, siamo troppo lontani da qualsiasi segno di tecnologia che le trasmissioni in fm sono sparite. Ci rimane am che, a sottolineare la lontananza dalla civilta', trasmette solo musica country messicana. Unica deviazione della giornata, dopo un panino foot-long da subway, e' Monument Rocks: colonne di roccia rossa alte anche 15 metri che spuntano in mezzo al nulla. Il silenzio e' totale, ogni minimo bisbiglio e' avvertito come se ti urlassero dentro l'orecchio, l'atmosfera e' incredibile, ma e' gia' ora di ripartire il Colorado ci aspetta! Entriamo finalmente in Colorado, guadagnamo un altra ora, ma il panorama non cambia.


Alla fine eccola, Denver! Facciamo partire a bomba "ti voglio bene Denver" e entriamo trionfalmente nella citta'!

Incredibile, siamo a 1600 metri sul livello del mare e ci siamo arrivati senza fare una sola curva. E' stato tutto un lungo e impercettible falso-piano da Kansas city a qui.

Ci fermiamo a mangiare in un ristorante cubano, tutto ottimo, stranamente anche il mango-moijto, primo assaggio di centro con le sue buffe statue di uomini nudi e scopettoni giganti e poi motel!

Un po' di meritato riposo per i nostri eroi.

sabato 21 agosto 2010

9 agosto 2010 - Kansas Jazz [St. Louis->Kansas City MO->Lawrence]

11th day


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Per inziare, ci sono due Kansas city, una vicino all'altra, ma una in Missuri, l'altra in Kansas. Quella in cui ci recheremo, quella famosa per intenderci, naturalmente e' quella nel Missuri.

La prima cosa che si nota, appena entrati in citta', e' il caldo umido e fottuto. Si fa' fatica ad andare in giro. La citta' che dovrebbe essere famosa per le sue fontane e' completamente deserta, per la strada non si incontra nessuno, ma proprio nessuno. Decidiamo che come prima tappa andremo al grande parco nella zona centrale a cercare un po' di refrigerio. Illusi, Mentre Sebastian e Marco si arrendono spiaggandosi a dormire, gli scultorei Andrea ed Ema proseguono nel giro del parco che si rivela essere un enorme prato senza anima viva in giro. Se non fosse per le macchine che girano, la citta' sembrerebbe abbandonata,

Ci spostiamo nella zona del mercato, che i cartelli e la guida indicano aperto 365 giorni l'anno, compreso natale.. chiuso [FAIL]. Il fantasma della giornata precedente ci si prospetta davanti. Con un pizzico di tensione ci spostiamo verso il ristorante descritto dalla nostra guida come "il miglior ristorante di carne del mondo", mah, fidiamoci. Prima pero' passiamo a ritirare in una banca drive-in, nel senso che si puo' prelevare solo in macchina, senza scendere. Andrea prova a prelevare 26,000 [ventiseimila] dollari.. pernacchia dal bancomat e si vede costretto a ripiegare sulla semplice cifra di 260 dollari, che vuoi che siano un paio di zeri in piu'.

Il "miglior ristorante di carne del mondo" ci accoglie, ambiente tipico americano, quello dei film anni '80 per intenderci, e bibitoni di dimensioni improponibili. Ci servono un enorme piatto di carne di varia natura [pollo, maiale, vitello, ecc.] tagliata a fette sottili condita con la salsa kansas [una specie di ketchup]. Non proprio quello che ci aspettavamo ma non male dai. Quello che stupisce e' come sono preparati i panini: foglio di carta con su carne, verdure, patatine, salse, pane, tutto uno accanto all'altro e poi arotolato. Non e' un panino e' un rotolo di carta trasudante grasso, proteine e carboidrati tutti mischiati a caso. Come si fara' a mangiare non e' dato saperlo, ma appena fuori dal ristorante troviamo a terra un cartoccio praticamente ancora intonso, evidentemente non e' cosi' semplice.

Per il dopocena cerchiamo a Kansas City quello che St. Louis non e' riuscita a darci, il Jazz! Andiamo in un locale lungo una via nella zona periferica rinomata per la musica. Si puo' dire solo una cosa: FENOMENALE! Puo' suonare chi vuole, anche improvvisando, basta segnare su un foglio il proprio nome e che strumento si preferisce e via.. Jazz! Il livello e' altissimo e anche il proprietario/cameriere/cantante del locale sale sul palco a cantare un paio di canzoni. Giovani rampanti [anche di 16 anni!] e vecchi saggi si alternano senza sosta per quasi tre ore. Bellissimo! [Carmen, so che mi stai invidiando!].


Carichi per la serata ci mettiamo in macchina, puntando dritti al Colorado. Lungo la strada ci fermiamo un attimo a guardare le stelle dal nulla della campagna del Kansas. Si vedono tutte, anche quelle che non ci dovrebbero essere. Dopo questa breve sosta romantica ci fermiamo in un motel a Lawrence. I nostri vestiti richiedono un giro di lavatrice.
Io e Andrea rimaniamo dunque svegli aspettando che lavatrice e ascuigatrice finiscano il loro sporco lavoro. Alle 3.30 am sembra che sia tutto a posto, apriamo l'asciugatrice e... era ancora tutto bagnato! C'era troppa roba dentro.. Maledizione!
Togliamo un po' di roba che mettiamo ad "asciugare" in camera e facciamo partire un altro giro. Tanto la sveglia non e' tra 4 ore..

Kansas city voto 5.5 per la citta', 9 per il jazz.

martedì 17 agosto 2010

8 agosto 2010 - St. Louis, maledetta St. Louis [Chicago->St. Louis]

10th day


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Partiamo fiduciosi lungo la Route 66, nel pieno della campagna dell'Illinois puntando dritti verso St. Louis. Non facciamo colazione puntando dritti alla prima tappa: locale storico della Route 66 dove hanno inventato il Corn-Dog. Mappero' vuoi che non sia domenica e che sia chiuso? Primo Fail della giornata. Poco male, ripiegamo su TacoBell.. Pessima scelta! I panini non avevano un sapore ben definito e questo sapore indefinito era proprio imbarazzante. Ma in ogni caso andava testato [ora mi manca solo da provare KFC e poi avro' provato tutte le grandi catene di junk-food direttamente nella loro terra d'origine].

Stufi del continuo viaggiare nella piatta campagna facciamo una deviazione lungo le sponde del grande fiume: il Mississippi! E' proprio come te lo immagini, con le case sull'acqua, le paludi e tutto il resto.. Lungo la strada ci fanno compagnia moto di forme e dimensioni incredibili per i nostri standard.

Dopo questa lunga deviazione ci viene una leggera sete, qual miglior posto dove soddisfare i nostri bisogni se non la fabbrica della birra piu' grande del mondo che promette tour gratuito e assaggi omaggio?! La fabbrica della budweiser e' veramente enorme! Dopo la formalita' del tour, in cui ci vengono mostrati dai cavalli di dimensioni spropositate [1], dei cani (tradizione vuole che fossero stati introdotti nella fabbrica per evitare i furti di birra), attraversiamo zone a 15°C dove avviene la "stagionatura", a 40°C dove avviene la fermentazione alternate dall'esterno a 30°C ma con il 100% di umidita' [grande sfida a non prendersi lo sbaraus] arriviamo finalmente al momento clou, l'assaggio di birra e pretzel. Primo giro buono, secondo, dopo aver indicato espressamente una birra scura, mi arriva una birra light al gusto lime..... nessun commento.



Per rinfrescarci andiamo da Ted Drewes, una delle gelaterie piu' famose della zona. Piu' che un gelato e' un frappe', gusto frisco (se frisco e' un gusto, il dubbio permane) con l'aggiunta di pistacchi, servito in un bicchierone da un quarto di gallone. Se ci si dimentica che si tratti di gelato, non e' poi male.



Ci spostiamo dunque verso St. Louis, senza aver alcun presagio dell'incredibile susseguirsi di fail che ci avrebbero colpito. Dopo aver parcheggiato sulle rive del fiume, nei pressi di downtown iniziamo il piccolo tour della citta' con temperature e umidita' tipiche della foresta pluviale. Per immergermi nel clima della citta' aggiungo alla mia tenuta una spiga di grano in bocca, Tow Sawyer style. Si parte con la gita al famoso arco di St. Luis, un enorme, bellissima e inutile struttura in ferro che guarda le sponde del mississipi. Porta verso l'ovest che simbolicamente attraversiamo, probabilmente dalla parte sbagliata. Ci spostiamo dunque verso il vero centro della citta', solo alcune vie sopra rispetto a dove ci troviamo. Dopo aver attraversato una zona relativamente viva, con fontane piene di persone che prendono il fresco sguazzando nell'acqua con tanto di bagnino a controlllare la situazione, arriviamo nel nulla piu' assoluto. Le poche vie che ci separano dal centro si rivelano svincoli autostradali circondati dal nulla. Dopo un'ora e passa di camminata, senza vedere ancora l'inizio della zona abitata decidiamo di demordere [FAIL] e di tornare indietro in metropolitana per raggiungere il centro in macchina. In metropolitana [2] naturalmente c'e' l'aria condizionata a temperature criogeniche. Indice di quanto sia tranquilla la citta' e' il cartello di divieto di utilizzo di armi da fuoco che e' presente in ogni vagone.

Arriviamo dunque nella zona centrale (dopo mezzora buona di macchina) dove tutto e' chiuso perche' e' domenica, maledizione [FAIL]. Andiamo dunque a prendere la specialita' della zona, delle specie di ravioli fritti, neanche poi male. Ci spostiamo poi verso il famoso parco di St. Louis ma e' troppo buio, non si puo' entrare [FAIL]. Beh allora si va' a sentire il Jazz, siamo nella capitale del Jazz, ma e' ancora domenica, e' tutto chiuso [FAIL]. Scoraggiati ce ne andiamo dalla citta'.

St. Louis voto s.v. [forse era bella, forse no, non ne ho visto abbastanza..]

[1] Negli states TUTTO e' piu' grande del normale. Immagina una cosa, una qualunque, qui' c'e' unguale, ma grande almeno il doppio.

[2] Unica metropolitana che io conosca che attraversa due stati. Superando il Mississippi infatti passa dal Missuri all'Illinois.

giovedì 12 agosto 2010

7 agosto 2010 - Chicago.. again! [Chicago]


9th day

Secondo giorno a Chicago, ovvero il giorno dei musei. Partiamo con la colazione dei campioni ["the champion's breakfast", come diceva il menu] da Lou Mitchell's. Beh veramente colazione piu' piu' tra omlette, pancake, waffle, giri gratis di caffe'... il cibo assunto ci permettera' di saltare il pranzo senza problemi!

Via per musei con la magica tessera tutto incluso. Il problema e' che tutti i musei chiudono tra le 5.00 pm e le 6.00 pm e nei vari tentativi di capire dove andare, iniziamo la gita al museo delle scienze delle tecnica nel primo pomeriggio il che vuole dire 4 ore per tre musei.. via di corsa. Nella corsa pero' Ezra scompare dal mio zaino, fuggita verso chissa' dove.. forse non gli andavamo cosi' a genio come compagni di viaggio e ha deciso di proseguire da sola...

1) Il museo della scienza e della tecnica e' l'archetipo di museo americano. Tutto si puo' toccare e vive il regime dell'impara facendo. Certo forse e' un po' esagerato, ma come si puo' resistere al fascino di costruirsi da soli il proprio piccolo tornado? Nella sezione dello spazio c'e' anche l'originale Apollo 8: bello, vecchio e incredibilmente e' riuscito ad andare nello spazio, a vederlo non sembrerebbe possibile.

2) Il museo di storia nauturale ospita Sue, lo scheletro di tirannosauro piu' grande e meglio conservato del mondo [cavolo, qui' sembra sempre una gara ad averlo piu' grosso..]. Nell'ora che ci siamo dati per visitarlo riusciamo, tra le altre cose, a fare un giro nel reparto di miniaturizzazione. Sullo stile di "Mamma mi si sono ristretti i ragazzi" siamo circondati da oggetti e animali super-ingranditi, come se noi fossimo grandi pochi millimetri. Tra tutti sicuramente spicca aragostone che spunta fuori all'improvviso da dietro un muro. Tenero lui, con i suoi occhioni, quasi mi spiace aver mangiato un suo simile pochi giorni prima.

3) L'acquario, altro giro lampo di un'ora. E' uno degli acquari piu' completi che io abbia mai visto, ci sono pesci da un po' tutto il mondo in vasche enromi. L'attrattiva principale e' la vasca con gli squali, ma ci sono anche tartarughe, beluga, lontre e soprattutto quei simpaticoni dei pinguini che vivono sempre nel loro mondo dorato.


Dopo questa abbuffata di cultura andiamo finalmente a vedere il famoso fagiolo di Chicago. Bell'idea vedere riflessa tutta la citta' in un enorme fagiulo metallico. Ma soprattutto bella la fontana che c'e' li' vicino. Piena di bimbi (e un po' meno bambini) che giocavano sorvegliati da due enormi immagini di volti che continuavano a cambiare espressione.


Alla ricerca della fabbrica delle magliette di Seba andiamo a fare un giro nella periferia di Chicago. Prendiamo la metropolitana che ci porta nella via giusta MA al numero sbagliato, ci troviamo al 4621 e dobbiamo andare al 3011, via non facciamoci scoraggiare, che sara' mai. Facciamo un'ora buona di camminata passando tra locali pieni di gente, zone dedicate ai gay [un sacco di gay] e la colorita fauna locale raggiungiamo finalmente il famoso negozio, chiuso naturalmente. Per consolarci cardog per tutti! Si tratta di un hot dog trascinato nell'orto, nel senso che e' pieno di verdure, Ce lo servono delle tizie dai modi spicci e dall'inglese incomprensibile, ma alla fine il panino e' buono, o almeno a me e' piaciuto benche' ci siano stati pareri contrastanti.

Si riparte.. iniziamo finalmente la mitica Route 66 [ora ricostruita e rinominata Route 55, tristemente]. Via verso ovest..

Chicago voto: 9

lunedì 9 agosto 2010

6 agosto 2010 - Sweet home Chicago [Toledo->Chicago]

8th day


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Per prepararci alla macchinata odierna colazione a base di waffle e poi via, verso Chicago! Nonostante il traffico Chicago appare splendida fin da subito. Lago con spiaggia, grattacieli, bella gente, musica per le strade... In piu' abbiamo guadagnato un ora attraversando il primo dei 4 fuso orari americani.

Dopo aver parcheggiato in spiaggia [ebbene si'], la prima tappa obbligata da Gino's East Pizzeria a provare la deep pizza: una finta pizza molto fonda e ripiena di un chilo di formaggio, salame piccante, pomodoro e chi piu' ne ha piu' ne metta.. Ormai sono le 5 del pomerggio e la luuuunga attesa per avere un tavolo si fa sentire. Fortunatamente pero', dopo un rapido antipasto a base di Buffalo Chicken Wings, la deep pizza non tradisce le aspettative.

Rifocillati iniziamo la ricerca di un centro informazioni o almeno di un punto di accesso internet. Tutto chiuso. Siamo in palese ritardo rispetto alla vita della citta'.

Ma non ci lasciamo scoraggiare, decidiamo di puntare diretti alla Sears Tower, la torre piu' alta d'america. Per raggiungerla giriamo un po' per la citta' che si conferma bellissima, con statue di occhi che ti guardano per la strada e il "loop" la metropolitana sopraelevata che gira attorno al centro di Chicago.

Saliamo dunque sulla torre, alta ben 262 volte Michael Jordan, e il panorama della citta' al tramonto e' emozionante, nonostante le vertigini.

Downtown e' ai nostri piedi, brulicante di vita e di luce.


Dopo aver cercato il punto di partenza della route 66, fallendo perche', scoprimmo dopo, qualche maledetto ha rubato il cartello, e una tappa obbligata di venerazione allo united center [chiuso naturalmente], e' giunta l'ora di cercare un motel dove passare la notte. Ci fermiamo un po' fuori Chicago.

Davanti al motel accadde questo simpatico siparietto:
Andre: "Bene dai, adesso possiamo dormire un po'"
Ema: "Si' si', poi il posto mi sembra tranquillo.."
Aereo in fase di atterraggio: "WROOOOOOOOOOOM!!!!!!!!!!!!"
Si', siamo nel motel vicino all'aeroporto.